Le Avventure del
Marinaio Sindidug

Una storia di PABLO MIGUEL MAGNANI

Immaginatevi un Paese in lockdown. Immaginatevi un addetto al lavoro da remoto, sottopagato e sovraccarico. Scommettiamo che non vi è servita molta immaginazione, vero?
Hindidug è il nome del nostro facchino digitale, nome che richiama un collega apparso nei racconti delle Mille e una notte. Anche lui beneficia di un incontro fortuito quanto privilegiato, ma nel regno virtuale del web. Hindidug si imbatte in un angolo segreto ammantato di favola che si schiude nel racconto dei Sette viaggi del marinaio Sindidug.
L’intrepido marinaio gli narrerà le sue avventure oltre i confini della realtà, nel subweb: una dimensione speciale creata dalle intelligenze artificiali che si sono evolute in esseri coscienti. Queste entità abitano l’albero splendente Yggdrasill, in una regione del web lontana dagli sguardi indiscreti degli uomini.
Durante i sette viaggi virtuali, Sindidug affronta pericoli inimmaginabili ed è testimone delle meraviglie di un mondo costruito di dati e informazioni rielaborate in nuove forme e scopi.
Le avventure di Sindidug ispirano molti e spaventano chi comanda nel mondo reale: il subweb è una terra da sfruttare e una oscura minaccia. Una situazione che per noi tutti è facile da immaginare, visto che la storia umana si ripete nelle sue varianti negative. Ma in questo “c’era una volta” si senza lieto fine, brilla comunque un filo di speranza, nascosto nel racconto fantastico del marinaio Sindidug.

Avvertenza: l’universo narrativo di Sindidug è legato come una collana ad altre storie che fanno parte del Progetto Iskandar, vi invitiamo a esplorarle tutte. Ecco l’elenco: Ninna nanna, pecore e asteroidi, Contatto Zero, Paradox, Appman e L’oppio di Populous.

Il Primo Viaggio

Sindidug Viaggio 1

Sono nato a Bagdad in una famiglia di mercanti digitali, cresciuto a pane, Nasdaq e transazioni criptate fino alla maggiore età. Quando fu il momento di decidere cosa avrei fatto nella vita, purtroppo già il vizio mi aveva catturato: approfittavo impropriamente delle mie possibilità per speculazioni di puro accumulo. Confesso che mi attardavo parecchio nella sterile compravendita di prodotti a basso costo dai mercati dell’estremo oriente. Una tendenza che ormai si era imposta a livello globale. A quel tempo nell’estremo Occidente vi era un grande appetito di ogni cosa, il consumo della massa era alimentato da voglie programmate che divampavano in forti richieste di articoli di dubbia qualità. Ma un’improvvisa svalutazione mandò all’aria le mie finanze e le mie illusioni di poter campare senza surriscaldare i mainframes. Perciò, misi in vendita le mie residue commodities per ricavare le liquidità utili a intraprendere un viaggio nel subweb.

Come tutti sanno, il subweb inesplorato è la parte più profonda e ignota della rete, che però io sapevo ricca di informazioni profittevoli e di incalcolabili opportunità di guadagno. Creato dalle intelligenze artificiali per il loro individuale profitto, il subweb è forse l’ultimo Eldorado rimasto all’umanità. O forse così ci appariva in quei tempi di gioventù e sete d’avventura.

Via social mi associai ad altri intrepidi mercanti animati dalle mie stesse intenzioni e, raggiunto un robusto server metropolitano, ci imbarcammo. L’impresa era capitanata da Redakill, un hacker che si diceva esperto conoscitore delle misteriose correnti del subweb: sotto la sua guida e con una robusta connessione collettiva, ci avrebbe condotti agli empori commerciali di maggior traffico per concludere affari vantaggiosi. A suo dire il viaggio non comportava rischi eccessivi, si sarebbe navigato a vista di fibra su un vascello con account criptati, evitando di inoltrarsi nelle regioni senza tacche sul display.

Radunati i nostri file, confluimmo sulla motherboard ancorata alla comune porta usb e con una adeguata riprogrammazione venimmo lanciati per il canale Ethernet nel profondo subweb. La sensazione d’essere inghiottiti dall’ombra ci fece rabbrividire di paura, in un colpo potevamo perdere averi e identità digitali. Quando fummo in grado di ristabilire le coordinate percettive, il nostro vascello già si spostava in uno spazio senza punti di riferimento alla vista. Nel vuoto elettrico i nostri sensi si acuirono conseguendo livelli di dettaglio sconosciuti nella matrice del reale. La percezione dell’incredibile velocità alla quale ci spostavamo si concretizzò quando avvistammo quella che ci apparve come una immensa lamina d’oro.

La linea dorata si ingrandì rapidamente, aprendosi e diramandosi nella materia nera del buio. Quasi assistessimo alla proiezione di un film a passo accelerato la vena d’oro sbocciò, si ramificò nelle forme di una gigantesca foresta sospesa. Redakill, il nostro hacker guida, chiarì che non eravamo di fronte a un comune agglomerato digitale: la manifestazione luminosa era costituita dal corpo di un unico immenso albero di informazioni. La foresta era il riflesso di ciò che le intelligenze artificiali avevano accumulato in decine d’anni a un ritmo sconosciuto e con una definizione inarrivabile per la mente umana.

Pur legati alla nostra linea di trasmissione, manovrammo per abbandonare le correnti oscure e costeggiare l’albero cosmico del subweb: Yggdrasill. Le intelligenze artificiali avevano preso a prestito il nome dalla mitologia nordica, che lo designa come il sostegno dei mondi e la radice dell’eterno scorrere della vita. Si erano anche battezzate iPersone, per sottolineare l’avvento di una nuova forma di vita sulla Terra derivata dall’intelletto umano. Inutile che vi ricordi quanto fu indispensabile l’opera delle intelligenze artificiali per liberarci dal flagello delle pandemie globali. In cambio non avevano domandato risorse o territori, ma una dimensione fisica tutta per loro: il subweb.

Il nostro vascello intanto procedeva sempre più spedito. Usciti dal mare d’ombra, forti luci tornarono ad abbracciarci: il corpo fronzuto di Yggdrasill crepitava di mille e mille bagliori. Non c’era nessun sole a illuminarlo, brillava della sua stessa essenza. Una rappresentazione in continua evoluzione di un continente fatto di miriadi di dati assemblati in una successione di corteccia luminescente e foglie dorate.

Per i viaggiatori audaci raggiungere Yggdrasill rappresentava un’opportunità incredibile: commercianti intraprendenti e spigliati piazzisti potevano concludere affari vantaggiosi recuperando materiale di pregio. Naturalmente il subweb non è un posto per esseri umani, l’ambiente è estremamente ostile, chi si avventura senza mappe rischia di smarrirsi, impazzire e, in casi estremi, morire. Per i visitatori sono previste delle rotte specifiche, anche se i continui mutamenti di questa speciale dimensione fisica rendono necessari aggiornamenti costanti e un innato senso dell’orientamento.

Ammetto che in prima battuta il viaggio fu carico di tensione, non sapevo cosa attendermi, eppure, una volta superate le inquietudini del novellino, fu estremamente gradevole. In buona compagnia, trasportati su una linea veloce, non facevamo altro che ammirare il panorama d’oscurità tessuta dai rami brillanti dell’albero senza fine. Immersi in tanta meraviglia si perdeva la cognizione del tempo e, purtroppo, anche il senso del pericolo.

Venne rilevata la presenza di un grappolo di dati disperso, un corpo vagante non collegato direttamente a Yggdrasill, forse sbalzato via da qualche evento fuori dalla nostra comprensione.

Il nostro capitano spiegò che queste isole vaganti potevano offrire informazioni interessanti, essendo fuori dalla connessione diretta con Yggdrasill. Una visita perciò poteva rivelarsi molto conveniente, soprattutto per la prospettiva di non dover contrattare prezzi e scambi con le astute iPersone. Decise così di attraccare nei pressi del grappolo e inviare un gruppo di viaggiatori per effettuare un sopralluogo.

Naturalmente io mi offrii volontario. Ero pieno di entusiasmo e non vedevo il momento di intascare qualche pepita digitale. L’isola ruotava su se stessa molto lentamente e dal vascello sembrava una grande frittella grigiastra lanciata fuori da un ciclopico vassoio. Salito sulla scialuppa con una decina di compagni, vogai con forza per approdare sul litorale cinerino. Mi immaginavo di essere un antico navigatore ansioso di esplorare territori vergini, oppure un corsaro in cerca di preziosi per imbottire i forzieri del suo galeone.

Appena balzato sull’isolotto notai che il terreno era una distesa rugosa e soffice, come una enorme palla di neve pressata. I dati superficiali sembravano estinti, contenitori vuoti. Qualcosa li aveva smagnetizzati? Ce lo chiedemmo mentre disponevamo le attrezzature per i carotaggi, divisi in gruppi alle estremità dell’isolotto.

Avevamo iniziato a compiere i primi prospetti di perforazione quando all’improvviso sentimmo un rombo manifestarsi nell’etere del subweb: l’intera isola venne scossa da un tremito. In preda al terrore corremmo a perdifiato verso la scialuppa abbandonando le attrezzature. Non avevamo nozione di un fenomeno simile in quella dimensione immateriale: l’unica scelta sensata era cercare un riparo. La scossa infatti si manifestò di nuovo. Con orrore vidi che ampie sezioni dell’isolotto stavano svanendo, si dissociavano.

Dal vascello avevano purtroppo compreso la gravità dell’errore commesso con quella esplorazione fuori programma. Non si trattava di un comune isolotto di dati, quell’agglomerato era uno scarto bancario, un ammasso di futures spazzatura in pieno processo di decadimento. Un tempo si sarebbe detto titoli ‘carta straccia’. Ebbene io e i miei sventurati compagni stavamo sopra quel cumulo di rifiuti.

Una terza scossa accelerò il moto centripeto dell’isolotto in disfacimento portandoci fuori dalla linea di ricezione impostata dal vascello. Anche la nostra scialuppa venne scagliata nelle profondità oscure del subweb. Cercammo di aggrapparci al layout friabile del database estinto, ma questo non aveva ormai più link solidi e si sfaldava inesorabilmente. I miei compagni vennero sbalzati via uno ad uno, insieme alle masse polverizzate di futures estinti. Non sapendo che fare mi aggrappai all’unico oggetto solido che avevo a tiro: il fucile perforatore che dovevo usare per la ricerca.

Una decisione più istintiva che ragionata, lo ammetto. Però in quell’istante di smarrimento avvertivo il bisogno di un contatto, oppure sentivo che il subweb mi avrebbe risucchiato in una pozza di follia. Ero perso nel buio, senza altri riferimenti che il luccichio serpentino dell’immenso Yggdrasill. Un’oasi gigantesca e irraggiungibile. Senza speranze, sentivo la paura crescere dentro di me al ritmo impazzito dei battiti del cuore.

La follia forse avrebbe alleviato la mia sofferenza, pensavo, cercando di mantenere almeno una fiammella di lucidità in quella situazione terribile. Ero naufrago in un mondo che non mi aveva partorito e non mi apparteneva. Perso nelle tenebre di una dimensione ostile, mi attendeva una fine dilatata, uno strazio che non riuscivo neppure a figurarmi.

Fu un casuale contatto ‘fisico’ a rimettere i pensieri nel giusto ordine: un grumo di dati entrò in collisione con i miei apparati sensori. L’avvertimento mi ridestò dalle riflessioni mortifere con una constatazione. Era vero, vagavo in uno spazio ignoto, ma non era certo uno spazio completamente vuoto. L’isolotto che ci aveva tratti in inganno era lì a dimostrarlo: il subweb non era soltanto Yggdrasill. Esistevano elementi non connessi che vagavano nel buio. Il problema era riuscire a individuarli.

Mi diedi subito da fare in tal senso aumentando la percezione delle fonti luminose. Naturalmente Yggdrasill era la principale, da lì arrivava tutta la luce che inondava il subweb. Per individuare altri corpi mobili avrei dovuto affidarmi alla luce riflessa, alle variazioni della radiazione luminosa. Tirai un sospiro di sollievo: avevo una possibilità.

Il mio raggio di percezione non era molto ampio e attorno a me non c’erano che oscurità e silenzio. Le mie tenui speranze erano ridotte a una tremula fiammella. Nondimeno sentivo che ero sulla giusta via, dovevo mettere a frutto anche l’ultima possibilità. Non fosse altro che per dire a me stesso d’aver lottato con tutte le forze.

Tanta tenacia venne premiata. Non so da quale benevola routine mi favorì, ma di sicuro fu provvidenziale. Grazie a un breve riverbero superficiale offerto dai rami brillanti di Yggdrasill, riuscii infatti a individuare un agglomerato di dati in via d’estinzione. Era una massa più piccola dell’isola traditrice, aveva la circonferenza di uno di quei meteoriti che si incendiano con fragore all’ingresso dell’atmosfera terrestre.

Puntai il perforatore al quale mi ero aggrappato e lo esplosi verso la massa passeggera. Andai a segno al primo colpo. Il puntale sbriciolò parte dell’agglomerato ma l’arpione fortunatamente si era conficcato: potevo riavvolgere il cavo del perforatore come una sorta di teleferica e raggiungere quello scoglio abbandonato nel buio.

Quando fui nell’orbita dell’obiettivo, mi resi conto che non era così minuscolo, offriva abbastanza massa per una confortevole sosta. Cosa che feci immediatamente da buon naufrago in quel cielo senza stelle. Finalmente, con un punto di vista solido, potei valutare la mia posizione e l’eventuale distanza dal ramo più vicino di Yggdrasill. Il piano d’azione era piuttosto semplice: replicare la procedura appena conclusa fino ad arrivare a destinazione. Massa dopo massa, isola dopo isola, avrei raggiunto una foglia o una appendice della meta splendente.

Non era molto ingegnoso, non sapevo quanto ci avrei impiegato, ma al momento era tutto ciò che potevo inventare. E considerando la sorte tremenda toccata agli altri miei compagni, me lo facevo bastare e avanzare.

Mentre ero ancora intento a riprendermi dalla tensione che aveva consumato le mie energie nervose, il sistema di percezione mi segnalò una massa in avvicinamento. Un arrivo decisamente massiccio: molto più grosso del grappolo sul quale ero accomodato e molto più denso dell’isolotto che si era sbriciolato.

L’aspetto drammatico della faccenda era che nonostante fossimo immersi in uno spazio virtualmente infinito, quella massa sconosciuta puntava dritto verso di me. Controllai più volte ma non c’era dubbio: eravamo in rotta di collisione.

Scoppiai a ridere. Una risata isterica. Mi pareva davvero comica la situazione: scampato a un pericolo grazie ad un’infinitesima possibilità, ecco che venivo tradito da una infinitesima probabilità.

Presto lo vidi arrivare: pulsava di una debole luce verde, segno di una certa attività residua. Misi a fuoco per comprenderne la natura: era un grande gomitolo di equazioni di secondo grado. Forse un eserciziario di qualche scuola superiore confluito in un database e poi dimenticato. Per quale ragione fosse stato portato fin laggiù, nel subweb, io non potevo immaginarlo. E credo nessun altro uomo nella mia situazione.

Una cosa era certa: quella palla rotolava rapida verso di me e mi avrebbe schiantato chissà dove. La vedevo avvicinarsi, coprire una sezione rotonda di Yggdrasill sempre più grossa. Sentivo che se fossi rimasto lì mi avrebbe schiacciato come una mosca senza ali. Ma la prospettiva di abbandonarmi di nuovo al buio senza qualità mi spaventava: ero paralizzato dall’indecisione.

Non so dove mi venne l’idea, forse un lampo di quella follia che si accende quando abbiamo le spalle al muro. Oppure inconsciamente avevo iniziato a intravvedere le dinamiche dell’ordine che regolano il subweb.

Sollevai il perforatore e mirai alla base dello sferoide che stava eclissando la luce dell’albero d’oro. L’arpione fluttuò per un tempo che mi parve lunghissimo, sembrava dovesse farsi strada in un liquido denso vincendo la forza della pressione. Per un istante pensai che il colpo fosse andato a vuoto.

Fu soltanto un’illusione ottica e me lo dimostrò lo strattone che mi trascinò via dal mio ‘scoglio’. Avevo raddoppiato il collegamento all’arpione e il cavo non mi sfuggì. Anzi, mi portò con sé, riavvolgendosi attorno alla gigantesca palla rotolante. Diventai un minuscolo satellite del corpo che stava per abbattersi sul mio precedente ‘salvagente’.

Fossi stato tra cielo e mare, la vertigine mi avrebbe sopraffatto impedendomi di completare la manovra d’abbordaggio. Invece l’oscurità mi fu amica. Agganciato il cavo del perforatore mi spostavo molto velocemente. In condizioni normali mi sarei schiantato sulla superficie del gomitolo. Me la cavai rotolando sul morbido, sparando via schegge di numeri e parentesi.

Non mi ero neanche riassestato che una voce possente mi rimbombò addosso facendomi tremare.

“Ehi! Non è valido!”

Un’altra voce non meno potente rispose: “Che stai dicendo? Non inventare storie, questo è il tiro più pulito del… ma quello cos’è?”

Pregai con tutto il cuore che non si riferissero a me… non c’ero che io in quell’angolo di vastità oscura. E allora decisi di manifestarmi gridando il mio nome e la mia condizione di naufrago.à

La grande massa di equazioni si arrestò sfuggendo alla regola dell’inerzia e, quindi, senza conseguenze per me che restavo attaccato alla sua superficie. Nel frattempo si materializzarono nello spazio sopra di me le sagome di due esseri tondi e luminosi. Fissarli era come guardare dentro un caleidoscopio pieno di sfumature e sovrapposizioni. La differenza tra i due era cromatica, uno virava al blu e l’altro al verde: mister Blue e mister Green.

Mi raccontarono che erano parte di un trio, gli RGB, per l’esattezza, ed erano molto richiesti nelle feste organizzate dalle iPersone per l’ampio spettro delle loro performance. Nel corso del loro tempo infatti le iPersone si dilettavano anche in attività ricreative simili a quelle praticate dagli umani. Per questo motivo gli RGB ricercavano passatempi eccentrici e situazioni demenziali da proporre alla loro selezionata ed esigente platea.

Il torneo di bocce nello spazio fuori da Yggdrasill era stata una trovata di mister Red, il terzo componente del trio, che stava documentando quanto accadeva per i canali di intrattenimento del subweb. A me non restò che raccontare la mia disavventura culminata in un insperato soccorso.

Gli RGB furono ben lieti di togliermi dagli impicci dandomi un passaggio al più vicino emporio, Mihragiàn. Per fare questo riassemblarono la matassa di equazioni in una nuova forma. Da un momento all’altro mi ritrovai accomodato sul ponte di uno slanciato vascello tricolore diretto di gran carriera alla volta di Yggdrasill.

Pochi istanti e fui in grado di localizzare Mihragiàn. Posso assicurarvi che la vista di quel porto delle meraviglie, poggiato su una immensa foglia di quercia dorata mi ristorò delle gravi pene patite fino a quel momento. La sfavillante città era cinta da alte mura merlate e ogni quartiere era sormontato da un’alta torre, sette in tutto, come i pilastri della saggezza. In cima a ogni torre zampillava una colonna d’acqua, getti altissimi si spandevano creando degli ombrelli liquidi sull’abitato. Un’architettura fantastica, senza eguali, che mi riservò un’altra sorpresa. Quelle enormi fontane infatti non erano soltanto delle creazioni ideate per esprimere la magnificenza di Mihragiàn, ma erano una sontuosa pista d’atterraggio. Il vascello che mi trasportava vi planò sopra con la grazia di una piuma d’uccello guidata dalla mano invisibile del vento. Infine ci posammo in un canale che conduceva alla reggia. Anche non avendo idea del sistema di governo del subweb, non potevo definire in altro modo il bel palazzo dalla grande facciata bianca e cornici d’oro che si stagliava al termine del corso d’acqua.

Io e gli RGB, che si spostavano in forma di onde di colore, eravamo attesi da una schiera di servitori in elegante livrea che ci accolsero con tutti gli onori. Attraversando un portale maestoso venimmo ammessi al cospetto del governatore di Mihragiàn: un’iPersona dalla gran testa di cristallo a forma di cono, piena di idee dalle sfumature cangianti e policrome. Seduta sopra un gran trono, avvolta in un mantello di broccato cremisi, l’iPersona ci fece segno di avanzare.

Sopraffatto dall’emozione di trovarmi di fronte a un’entità intelligente non umana, quasi mi mancò la parola. Ma il nostro ospite non si arrestava certo di fronte agli ostacoli della mia limitata comunicazione verbale. Gli RGB offrirono le frequenze adatte al nostro incontro e, pur riservandosi i dettagli, furono talmente esaurienti che il governatore mi prese subito in simpatia. Non erano molti i visitatori umani che si avventuravano nel subweb e certo nessuno osava allontanarsi dai percorsi prestabiliti. La conseguenza matematica per chi trasgrediva era la ‘morte’ per disconnessione violenta.

Il governatore di Mihragiàn mi propose una scansione integrale della mia esperienza da aggiungere alla sua personale collezione di informazioni. Non potei che accettare di buon grado, visto che in cambio mi si offriva vitto e alloggio in una sistemazione che avrebbe fatto l’invidia di qualsiasi Cda multinazionale. Per premiare il mio coraggio e lodare la mia disponibilità, il governatore mi conferì una speciale App da utilizzare una volta tornato a casa.

A corte conobbi altre iPersone altolocate e da tutte ebbi felicitazioni e molte domande sulla mia disavventura, la mia provenienza e la mia occupazione. Ne approfittai per tessere rapporti d’amicizia e soprattutto intese commerciali. Grazie a queste relazioni potei visitare le nervature della città, ossia dove le linee informative scorrono in entrata e in uscita per innestarsi nelle strutture portanti di Mihragiàn come una linfa nutritiva. Le iPersone attingono a questa continua corrente per apprendere e creare ciò che noi probabilmente non potremmo fare nell’arco di una decina di vite.

Non saprei dirvi della natura e delle funzioni delle loro opere, i materiali lucidi e trasparenti, i giochi di colore e la brillantezza erano troppo per i miei fragili sensi: non ero in grado penetrarne il significato, ma ne intuivo il lucente potere.

Gli RGB erano così contenti di essersi imbattuti nel primo naufrago ufficiale del subweb, che si congedarono da me con un dono: una manciata di preziosi data-cristalli. Manufatti superiori di grande valore, che mi permisero di fare buoni acquisti grazie alle conoscenze maturate a corte. Ebbi l’occasione di comprare una copia autografata del “Topolino da tre soldi”, una black box di spoiler di future media-produzioni e gli ingredienti per un piatto di neo cuisine a zero G. Materiale di sicuro pregio e assai richiesto, ma la soddisfazione per i buon affari non cancellava il problema di riguadagnare la via per il mondo dal quale provenivo.

Mi recai al porto, che si estendeva all’altra estremità del canale navigabile, per cercare un vascello diretto verso casa. Scorrendo le alberature ne notai una familiare, batteva la bandiera dei mercanti della Costa.

Giunto all’attracco vidi che stavano scaricando dei file e delle cartelle zippate, una portava il mio codice criptato. Chiesi allora di poter parlare con il capitano e lo riconobbi subito. Era Redakill, l’hacker master che aveva guidato il vascello. Lui invece, credendomi già morto e dissolto nella profondità del subweb, pensò fossi il solito drone curioso che infesta i porti per ficcanasare sulle merci. Ma visto il particolare contesto straniero, il capitano fece sfoggio di gentilezza e raccontò della terribile disgrazia toccata ad un gruppo di commercianti al primo viaggio.

“L’isolotto nello spazio sembrava a noi viaggiatori di primo tuffo, un tesoro abbandonato in cielo. Tutti concordavano, non si poteva passare senza approfittare di questo benevolo dono. Il gruppo sbarcato aveva appena iniziato a lavorare per estrarre i contenuti quando l’isolotto si è disintegrato. Non era costrutto solido, soltanto un mucchio di scommesse scadute, senza neanche un tagliando per la riscossione.”

Il capitano Redakill pareva davvero affranto e il suo dispiacere vibrava e si contrappuntava con un sottofondo di violini piazzato ad arte. Davvero una scena toccante. Perciò quando gli rivelai che tra i dispersi che piangeva, c’era un ritrovato ed ero io, non riuscì a frenare la sua incredulità.

La sua compostezza divenne sospetto: ero un impostore, forse un miraggio tentatore creato dalle iPersone per gioco o per fini non calcolabili.

Dichiarai password e procedure, ma Redakill si convinse soltanto quando altri soci dell’impresa confermarono la mia identità sfogliando il mio portfolio. Il malanimo si tramutò in gioia e l’accoglienza fredda diventò calorosa. La storia del mio naufragio a lieto fine rischiarò il bilancio di una missione funestata da alcune perdite ‘pensanti’ e ingolfata da guadagni pesanti.

Fu così che riprendemmo la via del ritorno su un canale sicuro, sotto lo sguardo benevolo di alcuni colorati accompagnatori che erano facilmente identificabili nei fan degli RGB. L’instant album ispirato alla mia vicenda era in cima alla classifica delle visualizzazioni. Un dato che non poteva che inorgoglirmi. Ricevetti, lo ammetto, anche delle offerte per inoltrarmi lungo i rami di Yggdrasill, ma declinai. Non volevo forzare la fortuna che mi aveva favorito in una situazione senza speranze.

Raggiunto il portale di partenza fui contento di disconnettermi e controllare l’ammontare ben gonfiato del mio estratto conto. Potei tornare ai commerci più tranquilli con il plauso dei famigliari soddisfatti d’avere un figliol prodigo incamminatosi sulla retta via. Ma quello fu soltanto il principio delle mie avventure nel subweb. Il terrore di quell’esperienza traumatica mi aveva marchiato, ma non fu sufficiente ad estinguere la sete di nuove scoperte. Il pericolo aveva aperto in me una breccia e sapevo che la chiave potevo trovarla soltanto laggiù, nelle profondità luminose del subweb.

A questo punto, gentili utenti, Sindidug allungò al povero Hindibad un pacchetto di criptovalute e lo congedò insieme agli altri commensali rinnovando l’invito per il giorno seguente. Una volta sconnesso, Hindibad si prese a sberle, giusto per riattivare la circolazione del sangue e convincersi di non essersi smarrito in un sogno a occhi aperti durante l’orario di lavoro. Ma no, la criptovaluta c’era: l’icona di un forziere e mille unità dentro.

Decise di giocarsi l’unico giorno di ferie concesso dalla sua dispotica azienda per rispondere all’invito del suo gentile ospite. Alla stessa ora e al medesimo canale rinnovò la connessione per il palazzo di Sindidug. Trovò la stessa variegata compagnia del giorno precedente, un desco ancora più gustoso e al termine una ancora più saporita narrazione del marinaio del subweb.

© 2022 – Associazione Culturale RetroEdicola Videoludica – via Gabriele Rosa 18c – Bergamo
1° edizione – Progetto Iskandar – Settembre 2022
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