Anime storte: l’imperante prevalenza del moccioso

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Zero Tester, i thunderbirds abarthizzati del Giappone

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Che gli anime giapponesi degli anni ‘60 e ‘70 fossero prodotti e indirizzati a un pubblico di bambini o preadolescenti è cosa nota. Le reti televisive e le ditte di giocattoli si muovevano in tandem, popolando l’etere di personaggi fantastici e scenari colorati, musiche a rapida presa e storie avvincenti dell’eterna lotta tra bene e male. 

Delle numerose opere fiorite in quella felice stagione parecchie sono approdate in Italia e hanno fatto storia. Alcune invece non hanno varcato i confini del Giappone per motivi vari. In queste giornate idonee ai rimuginamenti sono andato a scovare Zero Tester. Trasmesso da Fuji TV tra il 1973 e il 1974, questo anime è scandito in ben 66 episodi ed è un’opera che nasce dall’intesa di tre studio: Tohokushinsha Film, Crystal Art Studio e l’ormai mitico Sunrise Studio, patria di Gundam e Cowboy Beebop, giusto per citarne un paio.

Quanto alla trama, Zero Tester è un classico confronto tra i difensori dell’umanità e gli alieni. Cosa già vista, ma in questo anime la particolarità sta proprio nel riciclaggio delle idee. Iniziamo dai nemici: arrivano su un planetoide dallo spazio profondo dopo un viaggio di centomila anni. Gli invasori non hanno più corpi, ma hanno conservato la loro essenza in macchine mostriformi. Go Nagai potrebbe drizzare le antenne, visto che nell’impero delle tenebre e nel regno Yamatai la pratica di animare l’inanimato con essenze malvagie è all’ordine del giorno. Il planetoide “astronave” è un po’ parente del Pianeta degli uomini spenti (1961, regia di Antonio Margheriti). Ma l’idea può arrivare anche dalla letteratura di fantascienza, il misterioso Rama di Arthur C. Clarke e il pianeta errante Mongo governato da Ming (Flash Gordon) erano a portata di lettura per tutti gli amanti del fantastico spaziale.  

Sull’altro lato del ring, ecco la pattuglia degli eroi Zero Tester: un terzetto con il bel giovane Shin Fubuki, la combattiva fanciulla Lisa e il forzuto ardimentoso Araishi. I tre pilotano un veicolo componibile (anche qui siamo nel terreno dei Getter robot) che spara raggi e una alabarda di luce che affetta. Pochetto per confrontarsi con nemici ingegnosi, bruttarelli e per nulla sportivi. Infatti hanno la tendenza a spedire sulla Terra dei mostri spaccatutto, autentici giganti come nella tradizione già affermata de La battaglia dei pianeti alias Gatchman

L’organizzazione a difesa del nostro pianeta però è costantemente all’erta. Si tratta di un corpo specializzato di tecnici e combattenti guidato dal barbuto professore Tachibana. Un personaggio talmente convincente che ha ricevuto dalla comunità mondiale un assegno in bianco e profusione di risorse per contrastare gli alieni. Gli Zero Tester si sono creati una base marittima mobile unendo delle isolette su una piattaforma galleggiante. L’architettura in questo caso è abbastanza originale, non fosse che al secondo sguardo il pensiero corre all’isola della famiglia Tracy, ossia i Thunderbirds, l’agenzia di soccorso internazionale che opera dal 1965 grazie alla fantasia dei compianti Gerry e Sylvia Anderson. Filmati con pupazzi dotati di dispositivi elettronici nella tecnica detta supermarionation, i Thunderbirds sono una serie televisiva che ha fatto scuola per originalità e tecnica. La sua estetica tecno-avveniristica ovviamente fece presa nell’immaginario nipponico e spesso nelle sagome di parecchi oggetti volanti anni ‘70 si scorgono le forme familiari dei mezzi dei Tracy. 

I creatori di Zero Tester “omaggiano” parecchio i soccorritori del duo britannico. Una ispirazione che si fa scoperta quando vediamo la flotta dei mezzi a disposizione degli Zero Tester. Oltre al velivolo componibile già citato, ci sono altri veicoli tester con caratteristiche che vengono via via svelate: il Tester 2, una sorta di ferro da stiro volante che oltre a sparare missili e a servire come pista di lancio e probabilmente scalda pure i toast. Il Tester 4 è un grande container aereo verde parente stretto del Thunderbird 2. Lo Zero Tester 3 è una affusolata nave grigio azzurra che affronta indistintamente acqua e cielo. Per completare la schiera nipponica non può mancare un grande robot, ma diverso dalle versioni antropormorfe. Questo è un quadrupede con un torso dotato di braccia, armato di vari tipi di missili e gambe idrauliche capaci di superare incredibili dislivelli.

Tutto sommato la serie – quanto si può recuperare in rete  – è interessante, una combinazione tante idee usate ma meno scontata rispetto ai soliti super robots con gli scontri senza storia e le invincibili armi finali. Gli Zero Tester devono sudare e inventarsi strategie di ogni genere per far valere le loro forze e sottrarsi alle mire degli invasori.

Il neo – se così lo vogliamo definire – è proprio il kid target scelto dagli autori. Un concetto ribadito in ogni puntata dato che ci sono pargoli petulanti o piagnucolanti che si mettono nei guai e chiedono l’aiuto degli Zero Tester. Spesso però sono gli stessi bambini a offrire le soluzioni decisive alle battaglie, rendendo così omaggio ai piccoli spettatori fedeli agli Zero Tester. Insomma, lo spettacolo ha il suo prezzo.

Sul web si trova qualche puntata da sbirciare sottotitolata in inglese. Se poi non ce la fate, chiedete soccorso, il numero da comporre è facile 0 – 0 – 0 e il centralino degli Zero Tester è sempre attivo.  

Gianlorenzo Barollo

È un alter ego professionale attratto dall’amatorialità e gran cultore del perseverare nell’errore che ci fa umani. Per pochi ma belli è noto come autore del bestial seller “I pensierini di Mosè” e di “Triscaidecafobia”.

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