La nostalgica lunghezza della luce in Gunbuster

Gunbuster. Con un titolo del genere per un anime targato Gainax e prodotto nel 1988, uno può lecitamente aspettarsi una corsa automobilistica tra carri armati, oppure una sequela di duelli mozzafiato al sapore di polvere da sparo. No, Gunbuster parte come un “tranquillo” racconto d’animazione di robottoni, astronavi e guerrafondai alieni insettiformi. Tutta roba già vista. Anche nel design di personaggi e mezzi non c’è molta innovazione (a parte il fatto che le ragazze per qualche ammiccante motivo, combattono in costume da bagno). Però abbastanza presto inizia a calare qualche carta da un mazzo che non ti aspetti.
La protagonista è Noriko, una giovanissima decisa a prendere la via dello spazio per avere la sua rivalsa contro i cattivi alieni che le hanno ucciso il padre in battaglia. Ora la ragazza, che frequenta una speciale Accademia, è una delle allieve più scarse. Pur avendo una gran forza, è goffa e poco coordinata. Qualità pessime per pilotare un mecha tipo Gundam, o forse meglio Patlabor. Il suo percorso potrebbe arenarsi presto se non trovasse un coach (sì, il termine è proprio questo) per superare le sue incertezze. Un allenatore di ferro, come in Jenny la tennista, anime citato parzialmente nel titolo originale (Toppu o nerae! che vuol dire Punta al top, mentre l’opera tennistica di Yamamoto è Ace o nerae!).
La linea narrativa della ragazzina che cresce e si mette alla prova, si intreccia alle schermaglie con le altre allieve e alle prime infatuazioni per poi impattare sul fronte bellico. E la guerra nello spazio non da seconde opportunità. Gli errori si pagano e la vita svanisce in meno di un battito di ciglia. Noriko prende coscienza del fatto che operare fuori dalla Terra viaggiando a velocità prossime a quelle della luce altera il ritorno nel quotidiano originario. Il tempo scorre diversamente per chi “corre”, come insegna il paradosso dei gemelli legato alla teoria della relatività.
Esperienze di pochi minuti nello spazio ad alta velocità si traducono in giorni e anni sulla Terra, cosa che di conseguenza sfasa i rapporti di Noriko con le ex compagne di corso e poi con gli altri piloti. Lei resta una ragazza e loro invecchiano. Il suo viaggio assume sempre più una dimensione personale. Anche se combatte per la Terra, le sue motivazioni, dilatate in un conflitto nelle vastità del sistema solare, diventano storia e forse poi… leggenda per i residenti del pianeta. Allo spettatore si regala un senso dolceamaro di nostalgia che accomuna quanti hanno abbandonato luoghi e persone per ritrovarli cambiati negli anni.
La lotta di Noriko inquadrata nell’immensità stellare sembra la tenue traccia di un’onda lasciata sulla spiaggia. Si avverte tutto lo stile semplice e profondo, tipico della cultura giapponese, che celebra la forza di volontà dell’individuo, pronto al sacrificio per la salvezza per l’umanità.
Gunbuster non è certo la risposta nipponica a “2001: odissea nello spazio” vent’anni dopo, ma contiene spunti di interesse (non sono gli indumenti intimi delle protagoniste, dai!). Inutile nascondere che alla regia c’era Hideaki Anno, noto alle platee per la successiva epopea Neon Genesis Evangelion. Cosi, anche se in questi sei oav che compongono la storia, forse i toni non sono ancora molto rifiniti, si possono cogliere temi e caratteri della sua opera maggiore: l’attenzione alla psicologia femminile (le protagoniste sono loro), dai momenti di scoramento depressivo alle rivelazioni “pugno nello stomaco”, la cura per la meccanica robotica, sempre più interconnessa all’umano. A sorprendere piacevolmente è però un approccio più fondato sulle leggi della fisica che non sul fantastico/mistico/psichiatric