A immagine e somiglianza... del pianeta rosso

Nonostante sia stato scritto nella seconda metà degli anni ’70 del secolo scorso il romanzo Uomo Più, pare a tutt’oggi di grande attualità, visto i progetti di Space X di portare folti gruppi di uomini e donne su Marte per una duratura colonizzazione. Il conto alla rovescia per raggiungere tale meta pare ormai inarrestabile e quindi forse è bene tornare a leggere questo romanzo, e magari a ristamparlo, rendendolo più facilmente reperibile.
Benché il tema della conquista del pianeta rosso sia tra i temi più abusati, la particolarità di questo volume sta nel fatto che l’autore riesce a sfuggire ai passati esempi di sovrapproduzione fantascientifica, prendendo in esame non il pianeta in sé, ma gli aspiranti migranti. In questo caso il singolo colonizzatore.
Roger Torraway, valido astronauta, celebrato come un eroe per aver salvato dei colleghi dalla morte nello spazio, e divenuto per questo il candidato numero quattro nella lista di attesa per essere spedito su Marte. All’inizio tutto pare procedere nel migliore dei modi; Roger Torraway si gode la notorietà, gli applausi e l’ammirazione dei comuni mortali in piacevole tranquillità, senza il minimo rischio o così pensa, di finire davvero sul pianeta rosso, entrando e uscendo dai sofisticati laboratori della Nasa dove il primo candidato viene trasformato in un cyborg dagli onnipresenti ingegneri biocibernetici.
Ecco, la particolarità di questo romanzo sta nel fatto che, diversamente dagli altri libri del genere, Marte non è destinato a subire il processo di Terraformazione. Per questo occorrono secoli, e l’umanità non può aspettare tanto, poiché il pianeta sta esaurendo le sue risorse, sovrappopolazione e cambiamenti climatici rendono urgente una via di fuga e l’unico modo per adempiere a tale fretta è di adattare l’uomo al pianeta e non viceversa.
Così nelle prime pagine assistiamo alla nascita del cyborg destinato a vivere sul pianeta rosso che oggi tutti conosciamo attraverso i risultati delle sonde spaziali, da Viking a Spirit, Opportunity e Curiosity, tanto per citarne alcune.
Purtroppo per il nostro protagonista una serie di sfortunati incidenti, collassi cardiaci e vari impazzimenti a causa della super ricettività dovuta a innesti cibernetici governati da software sperimentali, tolgono di mezzo i primi tre sfortunati volontari, sottoposti a tale affrettato adattamento. Così, in poco tempo, con sua spiacevole sorpresa, Roger Torraway diventa il primo e unico futuro abitante di Marte.
Lembo dopo lembo, Roger si lascia strappare, forse troppo passivamente, la sua umanità, dando addio a tutte quelle caratteristiche prettamente umane, come l’amore, il sesso, gli affetti, in cambio di immortali parti meccaniche e di un mondo tutto per Lui.
Scritto con una prosa leggera e scorrevole, Pohl si serve dell’Io narrante dei computer, divenuti segretamente autocoscienti, collegati fra loro in una rete mondiale (oggi la chiameremmo Web o Internet) divenuta una divinità che delle gesta umane tutto vede e sente e registra, (oggi lo facciamo con allegra spontaneità) e nascostamente guida, le azioni degli uomini verso quella meta (a tutt’oggi sempre più vicina) che pare la sola via di salvezza per una intelligenza (Biologica? Artificiale?) che sta affogando nei propri rifiuti.
Con Man Plus – Vincitore del Premio Nebula – 1977 – riconoscimento di prestigio, in quanto votanti e giuria sono gli stessi scrittori del settore che annualmente si incontrano per giudicare i rispettivi lavori – Frederik Pohl – (Frederik George Pohl Jr. Nato il – 26 – 11 – 1919 – Deceduto il – 2 – 09 – 2013) con questo romanzo ha anticipato, in alcune parti, quel ramo della SF che oggi chiamiamo cyberpunk, ma senza quella pesantezza di linguaggio a volte eccessivamente tecnologico che lo ha contraddistinto.
Giuseppe Ferri
Titolo Originale: Man Plus
di Frederik Pohl
Pag. 186
Cosmo Argento e Tascabili Nord – Editrice Nord –