Asteroidi e astronavi interstellari secondo Arthur C. Clarke
Pensare di dirvi in breve chi sia Arthur C. Clarke e quanto abbia lasciato al corpus della fantascienza e all’immaginario collettivo del futuro, credo sia davvero arduo. Stiamo parlando dell’uomo che ha anticipato i satelliti artificiali e l’esplorazione dello spazio nei suoi dettagli fisici, l’autore che ha collaborato all’impresa cinematografica – ancora insuperata – di “2001: Odissea nello spazio”.
Tra i suoi tanti meriti, anche un neo. Quello di non amare molto Venezia 😉 dato che nel 2077 la fa sprofondare nell’Adriatico dopo un impatto con un asteroide che devasta la pianura padana (non bastava il covid-19). Accade nel romanzo intitolato “Incontro con Rama” (1973). La storia dell’esplorazione di un misterioso “asteroide” artificiale proveniente dalle profondità dello spazio. Un enorme cilindro rotante capace di contenere un mondo in miniatura, simile a quelli che abbiamo imparato a conoscere nell’anime Gundam (felice combinazione di fantascienza hard-tech).
I terrestri sparsi nel sistema solare si prodigano per conoscerne i segreti: l’esplorazione di questa arca spaziale è un’occasione per apprendere le tecniche del viaggio tra le stelle messe in pratica da una civiltà aliena. Aliena, ma non del tutto estranea a quella umana nelle dinamiche fisiche e biochimiche. Illustrando le insondabili meccaniche di Rama, Clarke annuncia la possibilità di evitare il fardello di un astronauta cosciente (l’equipaggio tecnico), ma anche di passeggeri, dormienti, congelati o comatosi che siano. Evitando il costo del mantenimento continuo di condizioni adeguate alla vita, i viaggiatori potrebbero venire “ri-creati” dalla nave stessa al momento opportuno.
Clarke insomma lima ancora di più il confine ferreo tra l’umano e l’artificiale per individuarne l’essenza pratica e infine proiettarla in una missione fuori dal tempo. Rama non si sposta soltanto sulle traiettorie dell’infinito tracciate dalla forza gravità, ma infrange il concetto spazio temporale di esistenza che è patrimonio dell’uomo.
Oggi assistiamo ai lodevoli tentativi di Space X di rilanciare la frontiera umana oltre l’atmosfera terrestre. Raggiunto il limite di tolleranza del nostro habitat natale, è salutare volgere lo sguardo alle stelle. Ma se ormai è superfluo chiedersi “se l’uomo può viaggiare fuori dalla Terra”, forse è il caso di domandarsi “che genere di umanità vivrà nello spazio?” Rama è una risposta.