In memoriam Leiji Matsumoto

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L'inno alla Giustizia di un anarchico delle stelle

Disegnatore Giapponese

Nessun compromesso.

Mentre frugavo nella testa in cerca di un incipt per parlare della scomparsa del maestro Leiji Matsumoto (1938-2023), ho trovato queste due parole che per me descrivono al meglio lo spirito indomito che sottende alla sua creazione artistica.

Immagino un arco, la corda tesa, la freccia pronta a scoccare. Intorno il fragore della battaglia, le urla che richiamano e imprecano. Ma l’arciere resta saldo, ha il suo obiettivo, non punta a un bersaglio, mira al compimento di se stesso.

Matsumoto nell’apparente semplicità della sua opera ha mostrato la via, un messaggio che sa molto di disciplina Zen, delle rivelazioni del Buddismo intrise nelle fragranze occidentali del romanticismo decadente. Una miscela originale e potente che fa risuonare le “corde” interiori del pubblico.

Non ci sarebbero stati pirati dello spazio, guerrieri delle stelle, cavalieri del cosmo e treni diretti nel cuore della galassia senza queste due parole: nessun compromesso. Un mantra che ripetuto spalanca le porte delle dimensioni dell’avventura.

Fantasie? Certo, ma fantasie che non hanno al centro l’eroe, ma l’uomo. Nelle opere di Matsumoto si può andare facilmente oltre la prima lettura: in scena non c’è soltanto un protagonista invincibile e dei comprimari di contorno. Spesso al centro c’è un gruppo: i raffazzonati pirati di Capitan Harlock, il trio dei samurai spaziali di Starzinger, l’equipaggio temerario della Yamato e i giovani piloti del Danguard. Anche Masai, nel suo viaggio verso Andromeda per ottenere un corpo meccanico, fa squadra con Maetel e il conduttore del Galaxy Express 999.

Ma non ci si deve ingannare. Matsumoto non ci presenta soltanto storie di team eterogenei sottoposti alle tensioni e agli ostacoli obbligatori del dramma. Ossia il classico messaggio della comunità operosa che insieme risolve ogni problema, cuore della retorica nipponica. Questa si manifesta nella lettura più spedita e di superficie.

Se, piuttosto, osserviamo in prospettiva, i “quadri” di Matsumoto rappresentano il ventaglio dei caratteri umani con una precisione… calligrafica. Le fisionomie sono infatti rivelatrici, più che di tipologie di persone, di specifiche espressioni umane: la forza, l’amore, l’odio, la malizia, l’accidia. Virtù e vizi sono ben distinti e ogni personaggio ne incarna uno. E come se Matsumoto avesse scomposto la luce dell’umanità attraverso un prisma caratteriale capace di isolare il tratto distintivo dell’animo di una persona.

Tratto che li contraddistingue anche a livello di fisionomia: ampie capigliature a cespuglio e figura longilinea per i leader sognatori, barbe ordinate e fisico massiccio per i vecchi condottieri, teste a fagiolo e gambe storte per gli spiriti semplici.

Le donne? Sempre quelle: sottili, affusolate, quasi avvolte in cascate di capelli. Gli antagonisti? Hanno sembianze meno tipizzate, paiono trasposizioni di persone comuni, a volte dai lineamenti più marcati negli accessi d’ira.

I “buoni” sono una ciurma (dis)articolata di attitudini, propensioni e sentimenti che sommate portano all’essenza stessa dell’autore. L’uomo Matsumoto si rivela e rispecchia in loro riunendoli sotto la bandiera del teschio a tibie incrociate e il motto non scritto: nessun compromesso. Un anarchico sognatore disposto a morire pur di onorare i suoi ideali.

Ecco la terza parola chiave: l’ideale. La causa per cui vivere e morire. Una concezione che arriva da lontano e rifugge le lusinghe grette della civiltà del consumo, rigetta le astuzie di manipolatori ben poco occulti e combatte le fascinazioni vuote della tecnocrazia. Non ci sono supereroi, ma uomini che compiono una scelta e le restano fedeli: cavalieri d’altri tempi. Ma non per Matsumoto.

La rappresentazione di questi uomini paradossali ha il fascino doloroso di un fuoco che crepita anche quando è ridotto a brace. Sulla carta e sullo schermo si coglie il ritmo della poesia, le parole non sono il corredo dell’azione, ogni accento è lirico. Quando i Daft Punk hanno collaborato con il maestro per Interstella 5555 già avevano colto il respiro musicale della sua arte.

Nelle storie di Matsumoto il confronto non è manicheo come in quelle del collega Go Nagai. La contrapposizione tra bene e male esiste, però la vera sfida sta su un altro piano: la fede nell’ideale. Le vicende narrate nei manga o nelle serie animate prendono le mosse in scenari segnati dalla sconfitta e dalla decadenza. I protagonisti non sono eroi patentati, lo diventano consacrandosi a una causa, opponendosi attivamente alla marea montante della cattiveria e dell’indifferenza. Che sia un governo terrestre corrotto, una catastrofe cosmica o una potenza aliena non importa, il cavaliere ha l’obbligo di lottare fieramente con tutte le sue forze. Naturalmente in questa struttura narrativa c’è il riverbero della sconfitta del Giappone nella seconda guerra mondiale, ma senza segreti desideri di rivalsa. Si combatte per liberarsi dalla minaccia delle oppressioni e degli sfruttamenti, per riuscire a vivere con dignità. Il traguardo però non è una generica pace (che sovente si rivela comodo laboratorio per tante guerre) bensì la Giustizia, il vero pilastro dell’armonia sociale.

La Giustizia è il faro che guida le imprese di Harlock, incalzato da ingrati politicanti terrestri e alieni imperialisti. Giustizia è la pista seguita dai guerrieri delle stelle che, pur battuti da forze superiori, sacrificano tutto pur di affermare i diritti dell’umanità. E Giustizia è la fonte di salvezza cercata dai tanti giovani feriti e offesi che Matsumoto rappresenta nelle periferie delle metropoli o nei pianeti lontani.

Obiettivi alti, forse irraggiungibili. E Matsumoto non lo nasconde: la morte vi sarà compagna in queste avventure. E’ una strada costellata di croci, che “regala” sofferenze e cicatrici. I personaggi si scontrano con i loro limiti, prima ancora che con gli avversari. La forza fisica e morale di Harlock viene messa in scacco da chi lo conosce e sa bene che si infilerà tranquillamente in una trappola se la posta in gioco ha un valore per lui. Lo stesso può dirsi per la ferrea abnegazione di Arin, disposto a tutto per riabilitare il nome del padre “traditore”. O la rabbiosa sete di vendetta che alberga in Masai, umano perseguitato in un mondo di cyborg prepotenti.

Matsumoto ha impiegato scenari alieni e mondi lontani per raccontare una storia profondamente terrestre: il disagio dell’uomo nelle società senza cuore e povere di spirito, causa perenne di sopraffazioni e conflitti. Questa storia costituisce il suo sguardo critico sulla grandezza e le miserie della nostra civiltà.

Il suo messaggio è stato sempre chiaro: nessun compromesso. Potranno ferirvi e piegarvi, ma nessuno potrà mai vincervi se resterete fedeli ai vostri sogni.

Buon viaggio Sensei!

Matsumoto

Gianlorenzo Barollo

È un alter ego professionale attratto dall’amatorialità e gran cultore del perseverare nell’errore che ci fa umani. Per pochi ma belli è noto come autore del bestial seller “I pensierini di Mosè” e di “Triscaidecafobia”.

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