Intervista a Dario Merola

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Cover fightin spirit

Ai tempi d’oro dell’Amiga Dario Merola, assieme a Giacinto Platania e a un gruppo di suoi amici appassionati, fondò la Dynamic Style. La loro passione per la tecnologia Amiga portò alla pianificazione di diversi progetti, ma alla fine l’unico gioco che riuscì a vedere la luce fu Fightin’ Spirit, pubblicato nel 1996 dalla Lightshock Software. In questa intervista, concessaci in esclusiva, Dario Merola ci svela i retroscena che portarono alla realizzazione del gioco, che come scoprirete leggendo ha ben poco a che vedere con la Lightshock…

Ciao Dario. Per cominciare vorremmo sapere dove operi attualmente, se sei rimasto nella scena videoludica o se hai abbandonato l’ambiente in favore di altre attività…

Dario: Mi presento brevemente: ho 27 anni, lavoro per un’importante software house catanese (oltre 120 dipendenti), che si occupa prevalentemente di software contabile, fiscale, ecc… Detto così sembra qualcosa di mostruosamente noioso e monotono, ma non lo è affatto, ed il ruolo che io ricopro lo è ancor meno.

Come è cominciata la tua carriera di programmatore? Amiga è stata la prima piattaforma su cui hai operato?

Dario: Diciamo che fin da piccolo ho avuto questa passione. La mia prima console è stata l’Intellivision, come tanti altri ho fatto i miei primi stupidissimi programmini sull’indimenticabile C64, ma è solo sull’Amiga che ho iniziato a fare qualcosa di più concreto. In genere mi piaceva (e mi piace tutt’ora) lo stile di programmazione a basso livello e, data la relativa semplicità del suo hardware, l’Amiga permetteva di raggiungere risultati più o meno gratificanti anche senza avere particolare esperienza. Prima di avventurarmi nella scrittura di un mio programma, ho passato del tempo a smanettare un po’ per capire come funzionava la macchina, “crakkando” giochi e demo, avendo sempre la curiosità di capire “cosa c’era sotto” ogni cosa. Anche la vastissima “scena” di Amiga, quella costituita dai tanti gruppi che scrivevano demo, si incontravano ai copy-party, si mandavano saluti (e a volte insulti) a vicenda attraverso le intro dei giochi crakkati mi affascinavano molto, ed anche questo ha contribuito a farmi venire la voglia di fare qualcosa del genere.

Quali sono state le vicissitudini che hanno portato alla nascita della Lightshock?

Dario: Adesso devo dirti qualcosa che non sai: le origini di Fightin’ Spirit hanno ben poco a che fare con la LightShock! La storia è un po’ lunga, ma sostanzialmente facile da riassumere: tutto è nato nel lontano 1992 da un gruppo di 4 amici in quel di Paternò (provincia di Catania). Ero in giro col mio motorino quando incrocio Salvo (supervisore del progetto) che mi chiede di seguirlo a casa di un suo cugino (Giacinto, il grafico) che io allora neppure conoscevo. Appena arrivati, sono rimasto sorpreso dall’abilità di quel tipo che disegnava col Deluxe Paint III come se bevesse un bicchiere d’acqua. Loro avrebbero voluto provare a fare un gioco per Amiga, e mi chiesero se volevo accollarmi pure io questa “sfida”. Anche se fino ad allora non avevo mai programmato seriamente accettai, e da lì ebbe inizio la lunga storia di Perpetual Craze, dapprima per passatempo, e solo tempo dopo in maniera più assidua. Mettemmo insieme un gruppo di nome Dynamic Style, e sinceramente faccio fatica a raccontare le vicende dei 3 anni che seguirono poiché, come tutte le storie del genere, è piuttosto articolata e ricca di momenti entusiasmanti, ma anche di momenti meno piacevoli.

Ma a me piace di più ricordare le cose belle. Ricordo quando era appena uscito TGM con la nostra prima preview. Prima di allora contavamo i giorni che mancavano alla pubblicazione della rivista, e appena abbiamo saputo che era uscito a Siracusa (ma non ancora nella nostra città, Catania) siamo partiti tutti e quattro per andare ad acquistarlo lì, dal momento che l’impazienza ci impediva di aspettare un momento di più. O ancora, molto tempo dopo, le chattate notturne con Martin Brown quando eravamo in trattativa con il Team 17 per la pubblicazione di Perpetual Craze… potrei continuare all’infinito ma rischierei di annoiare tutti. Comunque, solo nel 1995 siamo stati contattati dai ragazzi di Light Shock, che ci hanno dato delle direttive per migliorare il gioco, trasformando quello che era Perpetual Craze nel Fightin’ Spirit che oggi conoscete. Dynamic Style è la vera software house che creò Fightin’ Spirit….

Potresti descriverci gli altri componenti del team?

Dario: Ci tengo a precisare che il “vero” team che ha realizzato Fightin’ Spirit è composto, come già detto, da appena 4 persone: a parte me alla programmazione, non si può non nominare Giacinto e la sua grafica. Davide, grazie alla sua passione per la musica, è stato l’autore di tutto il sonoro, pezzo hard-rock introduttivo compreso (è sua anche la voce). Infine che dire di Salvo, che ha messo in piedi tutta la “situazione”, oggi proprietario di un negozio di computer. Senza dimenticare comunque che anche l’apporto di altre persone, neppure citate nei “credits”, è stato importantissimo. Fightin’ Spirit non è stato l’unico progetto a cui abbiamo lavorato, ad esempio un piccolo team parallelo stava realizzando un gioco di nome USA Racing, che però alla fine fu abbandonato. Purtroppo, quasi subito dopo la pubblicazione di Fightin’ Spirit i rapporti tra di noi si sono rapidamente deteriorati, e da allora ho incontrato ciascuno di loro per strada non più di un paio di volte. Non è più capitato che ci incontrassimo tutti insieme.

Come eravate soliti lavorare? Vi capitava di dovervi portare il “lavoro a casa”?

Dario: Durante tutto lo sviluppo dei nostri progetti abbiamo cambiato tre sedi diverse, nelle quali abbiamo svolto la maggior parte del lavoro. Ma capitava certe volte che qualcuno di noi lavorasse a casa propria per un frangente più o meno breve, portandosi una copia di una parte del proprio materiale. Per esempio c’è stato un periodo in cui studiavo per prendere la maturità in elettronica, e il tempo da poter dedicare allo sviluppo del gioco era piuttosto poco, ed in casi come questo ho lavorato per qualche settimana a casa mia, sfruttando i momenti di pausa.

Ci piacerebbe conoscere, se possibile, alcuni retroscena riguardanti il periodo “Amiga” e su come avete affrontato, nel’94, il fallimento della Commodore.

Dario: Fu certamente una notizia molto spiacevole (ma per niente inaspettata), per noi in quanto sviluppatori di un gioco che bisognava in qualche modo vendere, e per me personalmente in quanto affezionatissimo al “mondo Amiga”. I primi tempi rimaneva comunque nell’aria una vaga speranza che la situazione potesse risollevarsi, cosa poi non accaduta. Questa condizione ha influito in maniera drasticamente negativa sui contatti che avevamo a quel tempo con i vari potenziali distributori, ovvero Team17, Krisalis, Titus, Psygnosis e Ocean. Soprattutto la Krisalis è stata per mesi particolarmente interessata a Perpetual Craze, ma aveva ragione il loro direttore del marketing (che non ricordo come si chiama) quando, proprio subito dopo il fallimento della Commodore, diceva che “l’Amiga continuerà a sopravvivere per almeno un paio d’anni, ma poi non se ne sentirà più parlare minimamente”, riferendosi ovviamente al mercato ludico “che conta”.

Fighting’ Spirit resta tra i picchiaduro meglio riusciti per Amiga. Come è nata l’idea di sviluppare un beat’em up bidimensionale?

Dario: Sostanzialmente è stata la passione di alcuni componenti del team, ma soprattutto di Giacinto, per i picchiaduro e più in generale per la grafica giapponese che ha determinato questa scelta. Non è comunque un genere che personalmente preferisco

Per la realizzazione del titolo vi siete ispirati alle saghe a picchiaduro della SNK?

Dario: Certamente si, e questo non lo si può nascondere. Forse alcuni elementi grafici sono stati “copiati” un po’ troppo spudoratamente, da qualche rivista o addirittura dalle videate dei giochi messi in pausa, ma in fondo in ogni singolo pixel c’è sempre qualcosa di strettamente nostro!

Inizialmente il gioco avrebbe dovuto chiamarsi Perpetual Craze. Il cambio di titolazione vi fu imposto dai distributori o fu una vostra iniziativa? E, personalmente, preferivi il vecchio o il nuovo titolo?

Dario: La Light Shock ci ha dato, tra le altre, questa direttiva come indispensabile affinchè loro accettassero di aiutarci a distribuire il programma. Entrambi i nomi mi piacciono, ma è innegabile che io fossi più affezionato al vecchio nome.

Sempre riguardo Fightin’ Spirit, quali sono state le maggiori problematiche da affrontare in fase di programmazione?

Dario: Le difficoltà in cui ci si imbatte quando si sviluppa qualcosa del genere sono tantissime, e quasi tutte non facili da affrontare. In genere si va per compromessi, anche perché i problemi sono spesso strettamente legati gli uni agli altri. L’impatto grafico del gioco è sempre stato un prerequisito, e per raggiungerlo si dovevano realizzare dei personaggi sufficientemente grandi da poter in qualche modo “fare la differenza” rispetto a quanto allora esisteva sul mercato. Per questo motivo il problema principale è sempre stato il “frame-rate”. Le prime versioni di prova del motore raggiungevano dai 12 ai 17 frame al secondo su A500, ma in seguito abbiamo trovato delle soluzioni abbastanza “inedite” che ci hanno consentito di far girare il tutto a 25 fotogrammi al secondo, con sporadici picchi negativi di 17. Questo problema è stato da sempre legato indissolubilmente all’altro grosso limite che si andava ripresentando puntualmente almeno una volta al mese: la RAM! Alla fine, su un A500 base, ci sarà rimasto un totale di circa 200 bytes liberi!!! Senza scendere troppo nei dettagli tecnici, penso che Fightin’ Spirit sia uno dei pochi giochi per Amiga che teneva la maggior parte della grafica in fast-memory, copiandola nella chip-memory (tramite una tecnica estremamente veloce) solo all’occorrenza appena prima di “blittarla” su schermo. E poi altri problemi minori riguardavano il numero di dischetti: far entrare tutta quella grafica e quel sonoro in soli 4 dischetti è stata un’impresa, portata a termine grazie alla compressione “lossy” di tutto il sonoro e alla codifica “chunky” della maggior parte della grafica. A parte le difficoltà tecniche, abbiamo impiegato un tempo non indifferente per cercare di dare all’azione di gioco un minimo di dinamicità, ovvero simulare l’effetto “dolore” in maniera accettabile (per esempio, quella breve pausa che in molti picchiaduro ha luogo in corrispondenza dei colpi andati a segno) e fare qualcosa per indurre nel giocatore un sufficiente coinvolgimento. Se devo essere sincero, ammetto di non essere per niente soddisfatto di quest’ultimo aspetto di Fightin’ Spirit, ma purtroppo non c’è stato tempo per poter lavorare ulteriormente su questo aspetto.

Del titolo uscirono due versioni: una normale ECS e una successiva per i chipset AGA. Come hai gestito il fatto di dovere realizzare due versioni dello stesso gioco?

Dario Merola : Lo sviluppo della versione AGA è iniziato quando la versione ECS era ormai quasi finita, quindi non si è verificato il problema di dover tenere allineate le due versioni ogni qual volta si faceva qualche modifica che interessava entrambi i prodotti, proprio perché la versione ECS era ormai del tutto stabile e consolidata.

Forse la cosa che più ha creato difficoltà nella versione A1200 non è stata tanto la realizzazione ex-novo del motore di gioco (a 50 fps), ma piuttosto far convivere il gioco con il sistema operativo, problema che non sussisteva nella versione ECS dove invece il sistema operativo veniva totalmente spazzato via dalla memoria pochi millisecondi dopo l’inserimento del dischetto…

Quale versione ritieni sfruttasse maggiormente il chipset di appartenenza, la ECS o la AGA?

Dario: Sicuramente la versione ECS, a cui devo molte delle (poche) notti insonni che ho trascorso cercando di recuperare un KByte da un posto per poi “perderne” il doppio in un altro…

La Ram dell’Amiga 500 costituiva un problema quando si trattava di muovere sprites molto grandi. Avete dovuto ridimensionare qualche animazione o il gioco è venuto fuori così come lo avevate pensato inizialmente?

Dario: A casa ho un hard disk contenente gran parte del materiale beta di Perpetual Craze e di Fightin’ Spirit, riguardante un po’ tutto dalla grafica al sonoro (senza contare il codice!), e ti assicuro che è una quantità notevole di roba! Però, a dire la verità questo materiale non è stato “scartato” perché tecnicamente non implementabile, ma soltanto perché rimpiazzato da altrettanto materiale molto migliorato. Giusto per fare un paio di esempi, tutti i “characters” sono stati ridisegnati più volte rendendoli sempre più accattivanti, così come le musiche sono state via via riviste, e se ascoltassi le prime versioni del brano introduttivo noteresti di certo l’enorme differenza rispetto a quello uscito nella versione definitiva!

Sapresti spiegarci i motivi che hanno portato alla scomparsa della Lightshock Software?

Dario: Premettendo che queste sono assolutamente considerazioni mie personali, penso che Light Shock sia stata una software house nata male, anzi a mio parere non è praticamente mai nata. Un gruppo di ragazzi che si mettono in testa di cercare di fare qualcosa non possono autodefinirsi una “software house”. Le vere software house sono ben altro. Se poi tra questi ragazzi non ci sono figure sufficientemente carismatiche e/o competenti per poter veramente sfondare, la fine è inevitabile, ed è poi troppo facile dare la colpa al “mercato italiano”. Persino noi di Dynamic Style eravamo molto meglio organizzati rispetto a loro

Qualcuno dei ragazzi che allora aveva messo in piedi Light Shock ha poi cercato di ripetere l’esperienza in altri settori, costituendo ulteriori marchi altrettanto fantomatici. In seguito ho pure visto in giro su Internet cose poco “eleganti”, come certa gente sempre di Light Shock fregiarsi a vita di cose di cui non potrebbe. Alcuni di loro vantavano la praticamente assoluta paternità di Fightin’ Spirit quando invece, se dovessi quantificare il loro apporto, non andrei oltre un 10%.

Quale ultima domanda, vi è un gioco in particolare a cui sei maggiormente legato?

Dario: Quante pagine mi concedi?

Scherzo, anche se è vero che ce ne sono tantissimi, soprattutto su C64 e Amiga.

Se dovessi dire quali sono i giochi che considero al di sopra di tutti gli altri non ho dubbi: Dungeon Master e Chaos Strikes Back per Amiga, Doom II per PC. Tra gli innumerevoli altri, i primissimi che mi vengono in mente sono Frankie goes to Hollywood, Nebulus e Netherworld per C64, mentre su Amiga mi sono rimasti particolarmente impressi Drakkhen, Kult ed F1GP (il capolavoro di Geoff Crammond, ovviamente!)

Sul PC mi sono divertito moltissimo con Death Rally e ho trovato particolarmente originale il concept del vecchio Quarantine. Mi piace ricordare anche un titolo che senza alcun dubbio ha la migliore colonna sonora che si sia mai ascoltata su un Amiga (sfido chiunque a dimostrare il contrario): Agony. Un’ultima curiosità: il passatempo “ufficiale” del team di Fightin’ Spirit era… Twin Tris!

Ok Dario, è tutto. Nella speranza di non essere stati eccessivamente prolissi, ti ringraziamo per il tuo tempo. Ma soprattutto per aver regalato al mondo uno dei picchiaduro meglio riusciti per piattaforme Amiga….

Dario : Grazie a te e a tutti i coloro a cui è piaciuto Fightin’ Spirit, ma anche a chi pur non avendolo apprezzato gli ha comunque dato un’occhiata.

Mauro

Mauro Corbetta

È un ologramma creato dalla Cultura Pop e dal (pessimo) umorismo milanese, ma se ce abbastanza corrente diventa vero in tutti i sensi. Tornerà?

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