Ma Ka per Ka farà baha?

La matematica è una bestia zannuta, ha il corpo di spigoli, tutti inscritti con precise formule e una lunga coda che si chiama risultato. E la usa per colpirti dietro la nuca mentre tenti di decifrare le operazioni che ornano il suo manto fluttuante.
Ma non per tutti è così, fortunatamente. Per una buona parte dell’umanità la matematica è un ibrido superiore che sta tra il linguaggio e la musica, è il codice per rappresentare il reale, per tradurre in mondo in un equivalente dinamico che non può essere influenzato dagli umori o dalle imposizioni. La matematica non obbedisce che a se stessa, però offre una infinita varietà di applicazioni, non c’è contesto in cui non possa misurarsi e… misurare.
La matematica è la compagna perfetta della scienza che ci ha regalato il progresso e se consideriamo i personaggi che ne hanno segnato tappe fondamentali nella storia, non possiamo che concludere che si tratti di un’amante bizzarra. Figuratevi le particolarità di alcuni dei suoi partner più noti: Pitagora e le sue fisime esoteriche, Leonardo da Vinci e il volo umano, sir Newton e l’alchimia, Einstein e il violino, Turing e la corsa campestre.
E poi Boby Lapointe e le canzonette. Boby chi? Ok, anno 1960, il film si intitola “Sparate al pianista”, di un certo Francois Truffaut ;-). Ebbene nella piccola balera dove strimpella un annoiato Charles Aznavour irrompe un omone dalla barba circolare e le movenze d’orso che intona una saltellante “Avenie et framboise”. Il titolo potrebbe essere tradotto in “Insulto e Lampone”, ma il doppio senso non è soltanto doppio e nel testo le parole cambiano di significato a seconda della frase. Si tratta dello spirito più autentico dei calembour, i giochi di parole, piccoli cortocircuiti del linguaggio che a volte brillano nelle conversazioni.
Ebbene Boby Lapointe, stralunato personaggio di vaghe aspirazioni artistiche, è un maestro nel concatenare giochi di parole, assonanze e onomatopee in testi che seguendo il filo del discorso escono dal contesto pur mantenendo la struttura logica di base. Una sorta di deragliamento controllato, oltre i binari del senso comune. Dadaismo e Surrealismo, così come le sperimentazioni dell’Oulipo (l’Officina di letteratura potenziale) sono dietro la soglia, ma Lapointe, che inizia a scrivere in forma amatoriale, resta confinato nel perimetro dell’intrattenimento.
Nato nel 1922 e morto nel 1972, Lapointe ha recitato in nove film, lasciato una cinquantina canzoni e qualche manciata di scritti. Una carriera discontinua che ingrana dal 1954 al 1960, dopo essersi lasciato alle spalle mestieri come il palombaro, il negoziante di vestiti per bambini e l’installatore di antenne televisive. Proprio il cameo nel film di Truffaut dovrebbe essere un trampolino sicuro per il successo. Ma la corrente cambia: arriva lo yeyè, il rock si sposa al pop, i riflettori si accendono sui giovani, belli e pieni di speranze. Un omone che canta versi strambi su ritmi cadenzati e poco melodici non fa presa, non è di moda.
Lapointe viene anche scoperto dai cantautori, lo vuole Brassens per i suoi recitals. Però non si trova in sintonia con la platea e perde anche questo treno. Va meglio in televisione, anche se il pubblico chiede sempre volti nuovi. E allora ripiega sul cinema caratterizzando piccoli curiosi personaggi (recita anche in un western di produzione italiana L’Oro dei Bravados di Giancarlo Romitelli, nel 1970).
Arriva il 1968 e Lapointe offre al mondo un lato fino a quel momento inedito, il suo pensiero matematico. Infatti pubblica e brevetta un sistema numerico chiamato Bibi binario: un sistema originale – anche se non totalmente inedito nel merito – che anticipa la diffusione del linguaggio informatico. Si tratta di un sistema a base sedici invece che dieci e che tiene conto della posizione per determinare il valore. L’aspetto creativo introdotto da Lapointe è l’introduzione di una nuova simbologia numerica e dell’attribuzione di una fonetica composita, che consentono di scrivere e pronunciare i numeri. In sostanza la rappresentazione del reale di cui si accennava all’inizio, ma con una lingua matematica dalla sintassi differente.
Il nome stesso del sistema numerico di Lapointe contiene un gioco di parole: “bibi” è un termine familiare per indicare se stessi, così il risultato è “il mio sistema binario”. Una creazione personale che dimostra, se mai fosse necessario, quanto la matematica sia un’astrazione non univoca, ma contenga le possibilità per grammatiche dalle coloriture differenti. Livelli di comunicazione magari non per tutti, però utili a sfatare l’idea di un approccio al mondo “appiattito” n formule e cifre.
Una mente particolare come quella di Lapointe è stata capace di illustrare la matematica in versi sonori e nell’anno Bidebe a mezzo secolo (Hihe anni) dalla sua scomparsa è bello ricordarlo.
Pablo Miguel
Ps
Per chi volesse provare a convertire numeri in Bibi binario
Convertisseur de BiBi-binaire – Bibinaire – Calcul en Ligne (dcode.fr)