Le orbite del futuro sopra di noi

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Vita quotidiana dei "manovali" dello spazio

Quando questo romanzo è stato scritto la stazione spaziale ISS non esisteva ancora, la sua costruzione era ancora un sogno da fantascienza. Lavorare nello spazio era una faccenda ancora difficile da considerare.
 
Allen Steele però con grande abilità sa trasportarci con semplicità e chiarezza fra le fatiche quotidiane dei futuri operai dello spazio. Si tratta ovviamente di un lavorio fatto ancora in orbita Terrestre, nessuna fantasiosa avventura fra asteroidi o pianeti. Nessun astronave più veloce della luce o incontri ravvicinati con alieni. Orbita Olympus è la visione più realistica possibile per quei fine anni ottanta, con una estrapolazione della tecnologia nota in quel periodo.
 
In Orbita Olympus i protagonisti principali sono persone comuni, veri e propri operai istruiti quel tanto che basta per operare nel vuoto dello spazio in orbita bassa. Niente a che fare con gli astronauti che vediamo nei vari documentari, super allenati e scientificamente preparati in varie e diverse discipline. Ciò è dovuto alle compagnie spaziali private impegnate a costruire grandi ricettori solari per sfruttare l’energia del sole. Un alto compenso per un alto rischio e mano d’opera a perdere entro limiti economicamente accettabili.
 
Ovviamente per introdurre un poco di pathos nella storia l’autore introduce anche l’elemento spionistico delle varie agenzie segrete, tese a sfruttare la costruzione delle centrali solari orbitali per avviare un sistema di ascolto delle conversazioni telefoniche degli abitanti della terra. Un grande orecchio in grado di individuare ogni singola persona che parla a sproposito contro chi governa.
 
Altrettanto inevitabile è anche l’introdurre degli agenti anarchici che vogliono sabotare tale progetto. Può non apparire molto originale oggi, ma non dimentichiamo che la storia è stata scritta alla fine degli anni ’80 del secolo scorso. Il romanzo è abbastanza accattivante, pur essendo la prima opera di Sf scritta da Allen Steele, si intravvedono già le capacità narrative dell’autore. I vari personaggi sono ritratti in modo convincente, sia per i loro vizi che per i loro personali incubi. La stessa voce narrante iniziale è un astronauta, vittima di un incidente che lo ha isolato sulla Luna, con l’ossigeno in procinto di esaurirsi entro poche ore, senza possibilità di essere salvato.
 
Orbita Olympus è un possibile spaccato di futuro nello spazio vicino che le compagnie private stanno per avviare. Certo a ben guardare forse in alcune parti l’autore semplifica un po’ troppo il lavorio manuale nel vuoto dello spazio, ma riesce comunque a essere affascinate quanto basta e far sognare come certi lavori siano meno complicati di quanto appaiano. L’importante è non distrarsi, ogni minima dimenticanza comporta la morte. Lo spazio è un severo maestro.
 
Orbita Olympus è ancora una piacevole lettura, una storia che nei prossimi anni potrebbe avere sviluppi anche nella nostra realtà.
 
Giuseppe Ferri
 
Titolo Originale Orbital Decay (1989)
Pag. 366 
Traduttore Gianpaolo Cossato e Sandro Sandrelli
URANIA – 1386 (2000) Mondadori  

Giuseppe Ferri

classe 1959 da sempre appassionato lettore di SF, unico genere letterario in grado di unire materia umanistica a 297 quella scientifica senza annoiare. Ama leggere più che scrivere e questo è il motivo della sua scarsa produzione. Attualmente, dopo 42 anni e 10 mesi di contributi finalmente in pensione, ma continua ad avere lo sguardo sul futuro.

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