
Immaginate una casa. Immaginatela grande, anzi enorme, con moltissime stanze e porte. Immaginate la Londra di fine Ottocento, con le sue strade impregnate di umidità e punteggiate da strilloni ad ogni angolo, ragazzini che pur di vendere qualcuno dei loro penny dreadful spaventosi per poche monete calcano la mano sulla veridicità delle storie di paura raccontate in quelle poche pagine. Immaginate l’atmosfera lugubre di una magione praticamente abbandonata a se stessa, immaginate due culle vuote e l’assenza che graverà sul cuore di un padre come un macigno. Immaginate di svegliarvi in casa vostra, e non ricordare più nulla della vostra vita. A parte due cose: vostra moglie è morta. E i figli che vi ha regalato prima di chiudere gli occhi per sempre, sono scomparsi e non avete idea di dove possano essere. Amnesia: A Machine For Pigs è un gioco dalla natura straniante. Vi ritroverete a vestire i panni di un imprenditore, e solamente grazie a qualche ritaglio di giornale o promemoria che troverete nelle prime stanze che visiterete all’inizio della vostra odissea, potrete conoscere qualcosa di più su voi stessi e tutto ciò che vi circonda. Caratteristica peculiare del gioco, ripresa da quello che potremmo definire una specie di prequel, ovvero Amnesia: The Descent, è la perdita totale della memoria da parte del protagonista, cioè voi, che dovrà ricostruire che cosa è successo e perchè la sua stessa dimora, un enorme costruzione che scoprirete sprofondare ben oltre le sue fondamenta, è divenuta una trappola mortale, per lui e i due bambini misteriosamente scomparsi. Altro non vi dico per non rovinarvi le sorprese che il gioco offre, e come da consuetudine in questa rubrica ci soffermeremo sugli elementi che, secondo me, meritano di essere sviscerati, e non ho usato assolutamente a caso questo termine. Perchè di viscere ed esperimenti macchina-uomo, e ibridazione di poveri senzatetto in cerca di un pasto e i famosi “Pigs” menzionati nel titolo, ne vedrete davvero a iosa. Amnesia è un survival che si prende il suo tempo per ghermirvi fra le sue spire, è come un serpente a sonagli che vi irretisce ipnotizzandovi con lentezza studiata, prima di affondare i suoi denti velenosi nelle vostre paure più recondite ed ancestrali.
Ne sa qualcosa il nostro presidente Mauro, che ha avuto l’ardire, insieme ad Andrea Morla, di assistere alla mia partita e sobbalzare sulla sedia, in uno dei più classici jumpscare in un livello sotterraneo particolarmente opprimente. Immedesimarsi nel protagonista, che muoverete sempre con la visuale soggettiva e che non è assolutamente in grado di combattere nè difendersi (dimenticate motoseghe e pistole laser pronte all’uso), è facile, e il gioco vi guida fin dall’inizio in questo processo di fusione emotiva tra voi e il vostro alter-ego videoludico: solamente avanzando nel gioco, ed esplorando i vari ambienti, nel silenzio di una casa ormai svuotata di tutta la gioia e felicità famigliare che prima la rendevano accogliente, potrete recuperare i frammenti della vostra memoria. Amnesia punta tutto sulle atmosfere cupe e su echi graditi di stampo lovecraftiano, perché ogni qual volta vi ritroverete ad assistere a fenomeni di poltergeist eventi soprannaturali, alcuni in grado di farvi accapponare la pelle, la sanità mentale del vostro protagonista verrà messa a dura prova. Il genere horror nei videogiochi può essere grossolanamente suddiviso in due scuole di pensiero: quello adrenalinico e splatter da una parte, mentre dall’altra si staglia una visione più intimista e psicologica. Amnesia: A Machine For Pigs abbraccia con tutto se stesso il secondo emisfero del Pianeta Paura, trascinandovi verso gli abissi del senso di colpa e della tragedia, vissuta attraverso gli occhi dello sfortunato protagonista. Man mano che scenderà sempre più giù, scoprendo cosa si cela realmente sotto la fabbrica di cui è proprietario, sarà costretto ad affrontare i suoi demoni e i suoi errori. E i suoi orrori, generati volontariamente per resuscitare il grande amore della sua vita. Perché sì, il vero amore va oltre la morte, ma esistono limiti che non dovrebbero mai essere superati, ci sono occhi porcini in fondo a quel pozzo nero e non aspettano altro che posarsi su di Voi.
Simon